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Lupi aggrediscono cavalla gravida a Pasturo: “Non è solo un danno economico, ma un dolore profondo”

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23 Mag

Lorena Miele (vicepresidente Cia Lombardia): “Servono misure concrete: gestione, controllo e abbattimenti mirati”

La settimana scorsa, a Pasturo, nel cuore della Valsassina, si è verificato un attacco da parte di un lupo, o di branco di lupi, ai danni di un’azienda agricola di montagna. L’episodio, che ha scosso la comunità locale, ha coinvolto una cavalla gravida di 23 anni, aggredita nel recinto dove vivono diversi cavalli dell’allevamento. Il fatto è avvenuto in una zona isolata, ma a soli 200 metri dall’abitazione del proprietario, che si è accorto dell’accaduto intorno a mezzogiorno.

Lupo in una stalla

La cavalla, anziana e in stato avanzato di gravidanza, è rimasta indietro rispetto agli altri animali che, come spesso accade nei gruppi, si sono compattati per proteggersi. Lei invece, più fragile, è stata attaccata. Nonostante le ferite gravi, non è stata uccisa, forse anche grazie all’intervento degli altri cavalli. Tuttavia, le conseguenze sono state pesanti.

“Il danno è enorme, ma non è solo economico. È un colpo al cuore”, ha dichiarato il proprietario, che è cresciuto con quell’animale, da sempre presente in azienda. “Ci si affeziona agli animali. Li curiamo, li accudiamo, li aiutiamo a partorire, ci passiamo accanto giorni interi. Non sono semplicemente bestiame: fanno parte della nostra vita. Lei è parte della nostra famiglia”. La cavalla, ferita in maniera grave ad una zampa, con asportazione di intere fasce muscolari, ha già richiesto ingenti spese in cure veterinarie, ma il proprietario non intende sopprimerla nella speranza che possa ancora dare alla luce il puledro. Una scelta dettata non solo dalla volontà di salvare l’animale, ma anche dal legame profondo costruito negli anni. Il valore affettivo in questo caso supera di gran lunga quello economico.

Nel frattempo, a Morterone – dove l’allevatore porta al pascolo le manze – sono stati avvistati branchi di lupi di circa 7 esemplari, anche se alcune persone hanno parlato di anche a 12 esemplari. “Ogni giorno li vediamo girare. Portare gli animali al pascolo è diventato un rischio enorme. I lupi non hanno più paura dell’uomo, delle auto, si avvicinano sempre più spesso ai centri abitati”.

Il problema della presenza sempre più massiccia del lupo nelle aree alpine e prealpine sta diventando oggetto di dibattito anche tra gli esperti. Lorena Miele, biologa e vicepresidente di Cia Lombardia, ha lanciato un appello accorato: “Il lupo non è più una specie in via d’estinzione. Al contrario, è in espansione esponenziale e sta diventando una specie problematica. Non possiamo più restare a guardare. È necessario un intervento serio di contenimento. Quando una specie cresce troppo, crea squilibri e danni. E non parliamo più solo di predazioni di animali: c’è un rischio crescente anche per le persone. Gli archivi storici sono pieni di casi di aggressioni mortali da parte dei lupi. Non possiamo aspettare che succeda di nuovo.”

“L’agricoltura di montagna – prosegue la vicepresidente di Cia Lombardia– non può reggere a lungo in queste condizioni. Se non si interviene, rischiamo l’abbandono dei pascoli, la perdita del paesaggio montano e di interi ecosistemi. Le praterie di alta quota sono fondamentali per la biodiversità, ma se gli animali non possono più pascolare, le perderemo. Il danno economico e sociale è enorme: aziende costrette a chiudere, persone che restano senza lavoro, territori che si spopolano. I risarcimenti non bastano: non compensano la perdita del ciclo produttivo, del tempo, della serenità.”

“Per contenere il fenomeno servono misure concrete: gestione, controllo e abbattimenti mirati. Non si tratta di sterminare, ma di gestire l’equilibrio naturale. Un lupo è in eccesso quando il suo impatto è così forte da mettere in ginocchio intere comunità. La convivenza è possibile solo se il rischio è tendente a zero.” Conclude la dottoressa Miele.

Nel frattempo, allevatori e famiglie come quella di Pasturo continuano a convivere con la paura. Una paura che non è fatta solo di numeri e statistiche, ma di notti insonni, animali feriti, e ferite che restano aperte anche nell’animo di chi ha scelto di vivere in montagna, coltivando e allevando con amore.

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